Qua a Pesaro viene chiamato bussolà e otre che d'usanza nella ricorrenza
di Sant'Antonio abate, era comune anche presso i marinai e mia madre lo
faceva anche per mio padre, quando usciva col trabaccolo e navigava
lungo le coste dell'Albania restando fuori qualche giorno coi suoi
marinai. Era comodo come pane perché era secco e oltretutto non veniva
stipato, ma appeso con una corda che passava attraverso il foro del
bracciatello e quindi lontano da umidità e soprattutto dai topi. Bussolà
nome antico, deformazione di un termine che significava biscotto;
bracciatello perché attraverso il suo foro ci passa un braccio
Bussolà o bracciatello duro
500 g farina di forza
1 cubetto di lievito di birra
4 cucchiai di olio extravergine di oliva (volendo, anche di più: aumenta la friabilità)
sale q.b.
acqua tiepida, quanto basta a fare un impasto morbido, ma ben lavorabile.
(c'è chi ci aggiunge pepe nero, semi di finocchio...)
Far
lievitare, quindi formare delle ciambelle grandi quanto un braccio, far
lievitare, coperte, per circa un'ora, quindi cuocere in forno già caldo
a 200°, con una ciotola d'acqua sul fondo, fino a doratura.
Non
posso quantificare il tempo, perché mia mamma li preparava nel forno
della cucina economica, a legna e nelle sue ricette non c'è scritto.
Sono ciambelle da bagnare, quindi adatte alle zuppe di pesce, ma che si bagnano anche nel vino.
Bella storia Gisella e buoni i tuoi bracciatelli.
RispondiEliminaMandi